Si parla di parità di genere e quote rosa nei CdA, nell’articolo di Lorenzo Bini Smaghi su Corriere della Sera, a pag. 30 (Economia e Politica). L’articolo mette in evidenza i risultati ottenuti grazie alla legge Golfo – Mosca che scade (Legge 120/2011) e su cui occorre iniziare da subito una riflessione. Sullo stesso tema anche l’indagine promossa da Federmanager evidenzia come dal 2005 al 2014 le donne dirigenti sono aumentate dal 24 al 28%, ma solo il 15% delle donne presenti nei Cda ha ruoli executive. Un miglioramento che, si dice nella indagine, sconta da una parte l’assenza di politiche mirate di sostegno alla famiglia, dall’altra la presenza di una cultura aziendale ancorata a stereotipi prettamente maschili. Non è un caso che le presidenze dei CdA sono solo al 7% femminili.

L’indagine, realizzata dall’istituto di ricerca G&G Associated di Roma, è stata portata avanti su oltre 1.000 dirigenti e quadri apicali, uomini e donne, e su 200 donne manager in Usa e Germania, ed è stata presentata nell’ambito del convegno “L’altra dimensione del management. Il valore aggiunto delle donne manager tra impresa, famiglia e società”, patrocinato dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita della Santa Sede. In particolare la fase campionaria ha coinvolto 1.021 persone di cui il 60% uomini e il 40% donne, mentre le interviste hanno riguardato colloqui in profondità con 31 donne, imprenditrici, dirigenti e quadri apicali di aziende sia locali che multinazionali, 19 impiegate in Italia, 12 all’estero.

Tra i dati è emerso come in Italia, nelle posizioni apicali (quelle in cui il gap retributivo e le differenze occupazionali sono più marcate) è donna un manager su cinque, in Europa una su tre, e il gap di retribuzione arriva a toccare il 14%.

Positivo invece la percezione della presenza delle donne nelle aziende per cui lavorano: l’85% dei manager italiani ritiene che a beneficiarne sia l’immagine aziendale, il 77% il clima aziendale e l’organizzazione. Se le donne avessero pari accesso degli uomini al mondo del lavoro il Pil globale aumenterebbe del 26% e quello italiano del 15%.