La media impresa nel 2019 punta sul mercato estero, americano in particolare.

Pubblicata la diciassettesima edizione dell’indagine annuale Mediobanca e Unioncamere sulle medie imprese italiane effettuata su un campione rappresentativo di imprese.

Lo scorso anno, queste società hanno registrato una battuta d’arresto delle performance di mercato. La fascia di medie imprese che cresce nel fatturato supera ancora quelle che indicano difficoltà (25% contro 2%) ma si dimezza rispetto al 2017 (52%). Si amplia invece la percentuale delle imprese che hanno registrato nel 2018 una sostanziale stabilità rispetto al 2017, arrivando ad essere i tre quarti del totale. Nel 2019 le imprese si mostrano confidenti “ma non troppo”. A livello generale negli ultimi 21 anni, le medie imprese familiari hanno rafforzato il proprio peso nella manifattura italiana. Il loro valore aggiunto è cresciuto dal 12,4% al 18,6% del totale manifatturiero, il fatturato dal 14,6% al 19,8% e l’export dal 15,6% al 18,7%. Tra i settori trainanti si conferma il made in Italy, con il 61% del loro valore aggiunto, ma emergono anche la meccanica (39% del valore aggiunto) e il farmaceutico-cosmetico che vale il 15%. Quest’ultimo ha raggiunto la dimensione dell’alimentare e rappresenta una nuova eccellenza italiana. Per quanto riguarda l’export, il 94% delle medie imprese esporta destinando il 45% del fatturato ai mercati esteri, ma la base produttiva resta italiana.

La relazione evidenzia, inoltre, margini di miglioramento nella governance. Il 66,2% delle medie imprese familiari è gestito da organi monocratici o da soluzioni consiliari che prevedono un cumulo di cariche con deleghe, quota che scende al 42,7% nelle medie imprese non familiari. E dal rapporto emerge che aprire i board a membri non familiari fa bene: il roi sale, infatti, dal 10% al 13%.

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